Elogio all'intelligenza Presentato alla mostra de 'I Mai visti' il ritratto di Alessandro Achillini, filosofo ed erudito del Cinquecento, che figura tra gli uomini illustri di cui Paolo Giovio tracciò gli 'Elogi'. Il dipinto, opera di Amico Aspertini, è stato donato agli Uffizi dagli Amici' Il passo ondeggiante, la veste scarlatta e fuori moda, le maniche strette e a frange di pelle di lontra senza pieghe sul retro e il suo costante sorriso'. Così, all'elogio LVII, Paolo Giovio descrive Alessandro Achillini, filosofo ed erudito celebre ai suoi giorni, docente di Logica e Medicina a Bologna. Quando il Giovio allestisce a Firenze il suo iniziale e provvisorio pantheon di uomini illustri (perchè l'assetto definitivo del Museo Gioviano sarà a Borgo Vico sul lago di Como nella villa edificata fra il 1537 e il 1543) correva l'anno 1521. Alessandro Achillini era morto, non ancora cinquantenne, da nove anni. Dal momento che nel progetto enciclopedico-catalografico degli Elogia ogni personaggio doveva essere accompagnato dal suo ritratto, è ragionevole credere che Amico Aspertini abbia fornito nel 1521 la tela oggi acquisita agli Uffizi. Nella eccellente scheda redatta da Elisabetta Fadda il lettore troverà ogni riferimento bibliografico e documentario necessario a quanto ho fin qui velocemente riassunto. A me interessa la descrizione che, nell'elogio, Paolo Giovio fa dell'Achillini. E' un uomo dal passo 'ondeggiante', dal costante sorriso, desueto e distratto nell'abbigliamento. E' una idea di intellettuale 'liquido', cangiante, iridescente ('la veste scarlatta'), anche un poco buffo se si vuole, amabile tuttavia come può essere per ciascuno di noi la memoria di un professore che in anni lontani ci è stato caro. Non è certo senza significato il fatto che Paolo Giovio abbia avuto l'Achillini fra i suoi insegnanti, a Padova fra il 1506 e il 1508. Amico Aspertini con la fulminea prensilità che è carattere distintivo del suo stile, mette in figura l'elogio gioviano. L'immagine fisica, il temperamento, il carattere psicologico del professore che il committente amava, balzano vividi ai nostri occhi. Ecco la veste scarlatta bordata di lontra, ecco il costante sorriso, ecco, soprattutto, la mobilità intellettuale che si traduce in irrequietezza fisica. Alessandro Achillini è rappresentato in cattedra. Dobbiamo immaginarlo con gli studenti seduti di fronte. Però non sta fermo, non c'è traccia di auctoritas accademica nel suo atteggiamento. Danzano le mani a sostenere e a commentare un piccolo libro, inclina e sterza leggermente il volto nella foga della lezione. Tutto è ondeggiante, percettivo, appassionato e mobile nella intelligenza di questo giovane uomo. Il ritratto non è soltanto mimesi del vero, restituzione della persona in termini naturalistici e psicologici. E' molto di piè. E' qualcosa che fa emergere, insieme al rango sociale e alla specificità intellettuale e culturale del ritrattato, il suo carattere 'ideale'; l'insieme dei significati nei quali viene riconosciuto ed esso stesso si riconosce. In questo senso il quadro acquisito alle collezioni degli Uffizi è un capolavoro. Un giorno del 1521 l'eccentrico, fluido, anamorfico Amico Aspertini ebbe l'incarico di dare immagine a un intellettuale dal passo ondeggiante e dal costante sorriso. E' stato un incontro felice fra psicologie e sensibilità in certo senso simili. Antonio Paolucci