Acquistato all’asta dagli Amici degli Uffizi il modelletto di Maso da San Friano per un’opera che si lega alla storia di Firenze sotto molti aspetti. Si tratta dell’Ascensione di Cristo con la Vergine, gli Apostoli, sant’Agnese e sant’Elena, modelletto di Maso da San Friano per la pala d’altare della Compagnia delle Laudi e di Sant’Agnese nella chiesa di Santa Maria del Carmine a Firenze. Tra i molti motivi dell’importanza di questa tavola è la possibilità di ricostruirne la genesi attingendo ai molti disegni preparatori eseguiti dal pittore, oggi conservati proprio agli Uffizi, nel Gabinetto dei Disegni e delle Stampe. Alcuni di questi facevano parte di un taccuino smembrato su cui egli annotava anche in iscritto appunti vari riguardanti la sua vita, ma sul retro di uno schizzo troviamo un’informazione preziosa, la data di inizio del progetto della pala: 1565.
Maso vi lavorò a lungo, rielaborando la posizione delle figure fino ad arrivare a un bel progetto d’insieme poi fissato nel dipinto appena acquistato: un processo normale a quei tempi, quando anche gli aspetti formali di un’opera d’arte erano spesso stabiliti dalla committenza. E in questo caso i documenti ci indicano il nome della persona che aveva finanziato il lavoro, Lena di Angelo Ottinelli, vedova Sermanni, lungimirante benefattrice che nel quartiere di San Frediano aveva istituito una specie di casa famiglia per giovani donne in difficoltà. E Maso (al secolo Tommaso Manzuoli) proprio da quel quartiere veniva e aveva preso l’appellativo. Purtroppo morì prima di finire la grande pala d’altare, che venne affidata a un altro pittore di grido, Giovanni Battista Naldini, autore di un secondo modelletto, molto simile a quello del predecessore, ora all’Ashmolean Museum di Oxford.
La cappella e il dipinto non esistono più, distrutti nel terribile incendio che nel 1771 devastò la chiesa del Carmine. A questo punto entra in gioco la storia moderna dell’opera di Maso da San Friano appena acquistata: era stata infatti scoperta da Luciano Berti per primo, che la menziona nel suo articolo del 1963 sul pittore. Luciano Berti (direttore degli Uffizi dal 1969 al 1987, e tra i padri fondatori degli Amici degli Uffizi) pubblicò poi, nel 1967, il fondamentale volume Il Principe dello Studiolo, dedicato a quella singolare stagione fiorentina che, sotto il futuro granduca Francesco de’ Medici, aveva creato uno stile intriso di allusioni letterarie, mito e mistero, straordinariamente ricco di invenzioni formali, culminato nella decorazione dello Studiolo del Principe in Palazzo Vecchio. Maso è, appunto, nella meravigliosa truppa dei “pittori dello Studiolo”, cui contribuisce con due dipinti, Dedalo e Icaro e Le miniere di Diamanti. Le figure sono allungate, come danzanti in punta di piedi; i colori pastello limpidissimi; putti incuranti giocano tra loro; le pose avvitate tendono i muscoli, ricordando Michelangelo: elementi di stile che si ritrovano tutti nell’Ascensione di Cristo appena donata dagli Amici degli Uffizi. L’opera figura ora nel cosiddetto “studiolo sacro” al primo piano della Galleria, nell’area dedicata alla pittura della Controriforma: periodo artisticamente fecondissimo e vario, forse proprio perché i precetti artistici impartiti dal Concilio di Trento sembrano aver prodotto un effetto tutt’altro che normalizzante. Come nel caso del modelletto di Maso da San Friano, infatti, spesso il risultato è quello di una religiosità spiritata e preziosa, che si è ben guardata dall’abbandonare le eleganze estenuate dell’ultimo Manierismo.
Eike D. Schmidt