Fu Cosimo I a stabilire la prima fonderia in Palazzo Vecchio e dei suoi interessi per l’alchimia resta una vivida testimonianza in alcuni manoscritti redatti da personaggi della sua corte. Con suo figlio Francesco I il laboratorio fu trasferito nel Casino di San Marco, dove artisti, artigiani, distillatori e alchimisti poterono
sperimentare, oltre a segreti farmaceutici, anche ricette per la porcellana, per la fusione del cristallo di rocca, per la lavorazione del vetro, della maiolica e del porfido.
In seguito, a partire dal 1586 e per circa duecento anni, l’officina di distillazione di medicinali ebbe sede agli
Uffizi nei pressi dell’attuale stanza dove per decenni è stato esposto il “Tondo Doni”. Vi fu trasferita da Francesco I che nutriva per l’arte alchemica una forte passione attestata dal racconto stupito di prestigiosi visitatori e riflessa in alcuni dipinti del suo celeberrimo Studiolo di Palazzo Vecchio.
A tale originale tema è dedicata quest’anno la tradizionale esposizione allestita alle Reali Poste e organizzata
dagli Amici degli Uffizi, per il ciclo “I mai visti”, che con cadenza annuale presenta aspetti della collezione del museo fiorentino poco noti al grande pubblico. In mostra s’incontreranno manoscritti alchemici legati a Cosimo e Francesco I, un ritratto di quest’ultimo eseguito in porcellana – secondo la ricetta elaborata nella sua fonderia – e, tra gli altri, un testo a stampa del medico Leonhard Thurneysser impreziosito da incisioni acquerellate. Thurneysser fu mago, astrologo e ciarlatano e condusse per il cardinale Ferdinando un celebre esperimento di trasmutazione di un chiodo di ferro di cavallo in oro, citato da tutti i visitatori stranieri della
Galleria nei secoli successivi. Anche nella decorazione a grottesca del corridoio di levante della Galleria degli Uffizi, eseguita da Antonio Tempesta e Alessandro Allori e bottega nel 1581, si trovano tracce di questi interessi. La volta numero tredici è infatti interamente dedicata alla distillazione e anticipa di qualche anno l’apertura della “fonderia nuova” degli Uffizi avvenuta nel 1586.
Nel Seicento l’officina degli Uffizi era celeberrima per la sua produzione farmaceutica che continuò fino a oltre la metà del XVIII secolo: i suoi rimedi venivano donati dal granduca in preziosi cofanetti d’ebano ai nobili e ai sovrani di tutta Europa, del Medio Oriente e persino delle Americhe. A quell’epoca oltre ai grandi strumenti per la distillazione, a moltissimi rimedi e innumerevoli ampolle, un’importante raccolta di rarità naturali di origine animale e vegetale caratterizzava gli spazi della fonderia che era allestita come una vera e propria stanza delle meraviglie. Vi si trovava anche un ambiente interamente dedicato ai pesci e alle “cose impietrite” (fossili e conchiglie), dove furono accolte diverse mummie egiziane – che pure servivano per la preparazione delle medicine – donate al granduca nel 1643.
La mostra, curata da chi scrive, permetterà di esporre tra l’altro un raro cofanetto di rimedi della Fonderia degli Uffizi, conservato al Museo Storico Nazionale dell'Arte Sanitaria di Roma,
un singolare codice plumbeo di alchimia dell’Archivio di Stato di Firenze, alcuni animali tassidermizzati provenienti dal Museo di Storia Naturale dell’Università di Firenze e il sarcofago di una delle mummie della Fonderia degli Uffizi riscoperto nei depositi del Museo Archeologico di Firenze. Accompagna l’esposizione un catalogo, edito da Sillabe, con contributi sull’argomento della curatrice, di Fausto Barbagli e di Gaspare Baggieri.
Valentina Conticelli