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2009 - Asclepio tipo Giustini

Fra le numerose repliche dell'Asclepio tipo Giustini, derivate da un archetipo tardo classico risalente alla fine del V secolo a.C., la copia conservata nella Galleria degli Uffizi spicca per il suo eccezionale stato di conservazione.

Gli interventi di restauro post-antichi si sono, infatti, limitati ad integrare parte del bastone con la serpe, elementi della barba, del panneggio e la parte anteriore del piede destro. All'eccezionale importanza dell'opera per la ricostruzione 'filologica' dell'originale greco perduto, si aggiunge poi la complessa storia collezionistica della scultura, appartenuta con ogni probabilità al nucleo fondante delle collezioni medicee e rimasta, sino agli anni settanta del XVIII secolo, nella residenza romana sul Pincio. Proprio la lunga esposizione all'aperto, nei giardini di Villa Medici, può essere stata la causa di un degrado delle superfici che, i recenti restauri, condotti con la consueta maestria da Louis D. Pierelli e Gabriella Tonini, hanno ben messo in evidenza. Con un intervento graduale, mirato al difficile mantenimento di un equilibrio cromatico fra le diverse parti della scultura, si è proceduti all'asportazione dei depositi e delle stratificazioni delle polveri, adottando, di volta in volta, strumenti e metodologie adeguate ai diversi stati di conservazione della superficie. Mediante l'utilizzo di impacchi di prodotti tensioattivi sono stati sistematicamente rimossi gli strati di sporco più superficiale, mentre, per i depositi più tenaci, si è proceduto ad una pulitura con il laser, così da asportare anche lo sporco infiltratosi nelle porosità del marmo. L'operazione, sempre condotta nel pieno rispetto dell'originale cromia del marmo e delle antiche patinature artificiali, ha consentito di restituire piena e completa visibilità ad una scultura che si segnala non solo per la sua completezza, ma anche per la vicinanza ai modelli formali e stilistici del modello classico. Il panneggio, dalle superfici ampie e luminose, ed i tratti del volto, dai profili di sapore quasi metallico delle labbra e delle arcate sopraccigliari, denunziano infatti la diretta derivazione da un modello bronzeo. L'accurato ritocco a scalpello della capigliatura, solo adesso pienamente apprezzabile nel dettaglio, conferma l'alta qualità di esecuzione di questa replica di età romana, molto probabilmente realizzata direttamente su un calco dell'originale. Proprio la cura di esecuzione, indurrebbe a datare la scultura ad un orizzonte cronologico piuttosto antico, certamente non posteriore al I secolo d.C. Questi e altri spunti potranno essere approfonditi in futuro anche grazie alla puntuale e capillare campagna fotografica condotta da M. Brunori che, unitamente alla mappatura dell'opera, costituiranno le ineludibili premesse per qualsiasi studio che, in futuro, sarà dedicato a questo importante prodotto delle botteghe copistiche romane protoimperiali.

 

Firenze luglio 2009

Fabrizio Paolucci